Studio di Psicologia Arche'

Di cosa parliamo…quando parliamo di Terapia basata sull’Attaccamento

La teoria dell'attaccamento (e la tecnica psicologica mutuata da essa) si basa sull’assunto che il funzionamento di ogni individuo abbia origine dalle esperienze relazionali che ha vissuto dalla propria nascita. Se è vero che "siamo quelli che siamo" a partire da quello che siamo stati, approfondiamo come questa prospettiva possa essere utile per comprenderci ed orientare il nostro futuro

John Bowlby (Bowlby, 1969, 1973, 1980) a partire dagli anni ‘60 elaborò la teoria dell’attaccamento: una teoria rivoluzionaria per l’epoca – e in parte anche per i giorni nostri – sugli effetti che le cure sperimentate nei primi anni di vita produrrebbero nel nostro sviluppo e nelle nostre traiettorie di  vita. 

La relazione tra il bambino ed il suo caregiver (ovvero chi si prende cura di lui, nel significato più ampio del termine: ci si prende cura garantendo ai propri figli un nutrimento che è sia concreto che “affettivo”, Winnicott, 1965) costituirebbe, infatti, una sorta di matrice che accompagnerebbe l’individuo nell’intero arco della propria esistenza.

Per entrare nel vivo delle implicazioni del pensiero di Bowlby, potremmo chiederci quanto il modo di relazionarsi agli altri, di reagire agli eventi esterni sia legato e, in certo qual modo, condizionato, dalla qualità e dalle caratteristiche delle nostre relazioni precoci.

Facciamo un esperimento mentale: immaginiamo di essere un bambino. Questo bambino è irritato, è irritato perché per l’ennesima volta deve badare ai due fratelli più piccoli; il genitore è impegnato, è al telefono. Anche ieri è stato al telefono per lavoro. Il bambino percepisce come il lavoro sia importante per il caregiver, ma ieri quando mamma è tornata, non l’ha degnato di uno sguardo. Oggi che il copione si ripete, prova una grande irritazione…che potrebbe salire fino ad esprimersi con la rabbia per non essere stato gratificato e compreso dal genitore.

Fermiamoci qua. 

Questa interazione caregiver-bambino se venisse ripetuta e diventasse abituale potrebbe produrre una dinamica psicologica molto nota e definita come inversione dei ruoli (oltre ad ulteriori dinamiche).

Immaginiamo ora questo bambino diventare adulto. E’ probabile che reagisca con ambivalenza ai compiti di cura. Cercherà un partner di cui prendersi cura? Accetterà la cura degli altri? E che idea di sé, avrà coltivato, negli anni? Quando si sentirà svalutato e non visto, e come reagirà?

Questo esperimento mentale serve per gettare luce sul fil rouge che lega ciò che siamo stati a ciò che siamo (e, di conseguenza, alle nostre ragioni, per essere attualmente quelli che siamo). 

Ogni essere umano ha una propria e unica storia; e non c’è niente che facciamo senza un senso. 

E di solito, non si fa male agli altri apposta: probabilmente il caregiver non sapeva e non poteva prendersi cura in modo diverso del bambino, ad esempio perché a sua volta era stato trattato in quel modo.

La terapia basata sull’attaccamento è progettata per analizzare e, nel caso, ristrutturare il legame di attaccamento introiettato tra genitore e bambino. 

A partire dalla comprensione del perché abbiamo un sintomo specifico, perché soffriamo, a cosa siamo sensibili, possiamo ri-orientare la nostra vita, lasciando perdere “le vecchie battaglie improduttive” (sono le battaglie che portiamo ancora avanti, spesso contro la nostra famiglia, e che non ci fanno evolvere; Bowlby, 1988) e accettando le nostre ragioni, accanto a quelle degli altri. 

Sì, ma come funziona?

  • Nello spazio messo a disposizione dallo psicologo, potrai esplorare i momenti più salienti ma anche i più dolorosi e luttuosi della tua vita e analizzare i loro effetti sulla tua condizione attuale.
  • Potrai, piano piano, individuare e comprendere maggiormente le dinamiche tipiche che caratterizzano le tue relazioni. 
  • Potrai prendere coscienza delle tue aspettative, dell’idea che hai interiorizzato di te stesso e dei comportamenti che metti in atto nei tuoi rapporti interpersonali. Potrai perdonarti, se lo ritieni necessario.
  • Potrai comprendere il punto di vista degli altri; non cercando più un colpevole o recriminando le tue ragioni. 
  • Potrai ri-definire i tuoi obiettivi nuovi, focalizzarti sui tuoi punti di forza e pensare ad un progetto di vita differente. Non abbandonando o sforzandoti di dimenticare quello che è stato; ma a partire dalle tue radici, coltivare un nuovo te stesso. 

Ricorda: La consulenza psicologica ha tendenzialmente una cadenza settimanale, con una durata media di 50 minuti (salvo esigenze specifiche)

E’ un faticoso viaggio di scoperta, che come direbbe Proust: “non consiste (affatto) nel cercare nuove terre, ma (piuttosto) nell’avere nuovi occhi”; nuovi occhi per poter comprendere, per legittimarsi, per accettarsi e per affermarsi nel mondo.

Bibliografia:

  • BOWLBY, J. (1988), Una base sicura. Tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 1989.
  • BOWLBY, J. (1969), Attaccamento e perdita, vol 1: l’attaccamento alla madre. Tr. it. Boringhieri, Torino, 1972.
  • BOWLBY, J. (1973),  Attaccamento e perdita, vol 2: la separazione dalla madre. Tr. it. Boringhieri, Torino, 1975.
  • BOWLBY, J. (1980), Attaccamento e perdita, vol 3: la perdita  della madre. Tr. it. Boringhieri, Torino, 1983.
  • WINNICOTT, D.W. (1965), Sviluppo affettivo e ambiente. Tr. it Armando, Roma, 1970.
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